Si può affermare, senza tema di smentita, che le Colonne Romane siano il monumento brindisino più famoso. Sulla loro origine e la loro destinazione si sono fatte varie ipotesi, alcune attendibili, altre decisamente fantasiose. Per lungo tempo sono state definite "terminali della via Appia", ma sulla rete stradale romana mancano altri esempi siffatti, per cui, se quella fosse realmente la loro funzione, costituirebbero un "unicum" e ciò è piuttosto improbabile, anche tenendo conto del fatto che la via Appia non termina ai piedi delle Colonne, ma ai margini del tracciato urbano antico. E' da escludere anche l'ipotesi che esse potessero servire per sostenere un architrave da cui pendessero delle lampade con funzione di faro, perchè, come sostiene De Leo, "non è possibile che le lampadi così appese in un luogo eminente avessero potuto resistere all'impeto de' venti". Rimane più plausibile l'ipotesi che il monumento sia stato eretto in onore di Ercole, del quale la città praticava il culto, come padre di Brento, il mitico fondatore di Brindisi, secondo una delle numerose leggende sorte per spiegare le origini della città e l'etimologia tuttora incerta del suo nome; in tal modo le Colonne starebbero a segnare i confini dell'Italia , come le colonne d'Ercole segnavano i confini del mondo allora conosciuto. Incerta appare anche la loro datazione, che tuttavia, in base allo studio degli elementi del capitello superstite, può essere fissata intorno al III° secolo d.C. Il recente ritrovamento, in una località sul Mar di Marmara, di un'antica cava di marmo, nella quale sono stati rinvenuti blocchi di marmo sagomati, ma non ancora scolpiti, simili per dimensioni , struttura e forma ai pezzi che compongono il nostro monumento, ha fatto ipotizzare che da lì provenissero, in forma di semilavorati, gli elementi marmorei che , scolpiti ed assemblati, costituirono poi le Colonne Romane. Nessun indizio , invece, è in nostro possesso sul luogo dove sorgeva il cantiere di lavorazione. Le Colonne rimasero in piedi l'una accanto all'altra sino all'anno 1528, quando una delle due, per ragioni imprecisate, probabilmente a causa di una variazione dell'assetto geomorfologico del terreno sottostante, cadde rovinosamente, ed uno dei suoi rocchi, per circostanze che hanno dell'incredibile, rimase in bilico trasversalmente sulla base, come possiamo vedere ancor oggi. Il prof. Rosario Jurlaro ha studiato dettagliatamente la Colonna superstite, della quale ci ha fornito le misure, che qui riportiamo. La Colonna, alta complessivamente m.18,74, poggia su una base quadrata di m. 2,65 di lato ed alta m. 4,44; il fusto è costituito da 8 rocchi, che vanno rastremandosi, cioè assottigliandosi, dal rocchio di base, che ha un diametro di m. 1,67, a quello più in alto, il cui diametro è di m. 1,43.Il capitello misura m. 1,85, il pulvino posto sopra di esso è alto m. 1 ed il suo diametro di base è uguale a quello dell' ultimo rocchio. Lo studio del capitello può permettere di formulare ipotesi piuttosto attendibili sulla datazione delle Colonne, ma anche sulle possibili motivazioni della loro erezione. Sui quattro angoli del capitello sono scolpite foglie di acanto, dalla sommità delle quali spuntano divinità maschili e femminili. Questi personaggi hanno figura antropomorfa, ma il loro corpo termina con una lunga coda di pesce, il che ci permette di affermare che si tratta di personaggi mitologici, i Tritoni, che venivano immaginati per metà uomini e per metà pesci ed erano rappresentati con in mano un remo o altri attributi riferibili all'ambiente marino; infatti si suppone che le braccia una volta emergenti dal rilievo ed ora spezzate reggessero una specie di lunga conchiglia, che i Tritoni usavano a mo' di corno. Il personaggio principale è quello che appare sulla parte del capitello rivolta verso il mare. Raffronti con figure simili, che compaiono in rilievi e dipinti di epoca classica e rappresentano scene di vita marina, ci permettono di riconoscere in questo personaggio il dio del mare, Oceano, che viene rappresentato, qui come altrove, con la testa sproporzionatamente grossa rispetto al busto, con alghe al posto della barba e chele al posto dei capelli L'altro personaggio principale, in posizione diametralmente opposta ad Oceano, ha la testa di proporzioni normali rispetto al corpo e potrebbe rappresentare Nettuno o Giove. Sulle altre facciate del capitello si trovano gruppi di personaggi femminili rappresentati in vario modo. Il pessimo stato di conservazione di alcune figure non ci consente identificazioni precise, tuttavia i diversi tipi di abbigliamento, la differenza dei drappeggi, che lasciano ad alcune figure un seno scoperto e ad altre no, la diversa foggia delle acconciature dei capelli, consentono di affermare che ci dovevano essere due gruppi distinti, forse Venere Mornea e le Nereidi. Qualunque fosse lo scopo per il quale le Colonne furono erette, si può affermare con certezza che , per la loro collocazione e per i soggetti raffigurati, dovevano avere uno stretto rapporto con il porto, con il mare, cioè con quell'elemento dal quale la città traeva tutta la sua vitalità e la sua stessa ragion d'essere. Certamente non fu impresa da poco innalzare le Colonne, data la mancanza, a quell'epoca, di tutti gli strumenti sofisticati dei quali disponiamo oggi. I vari pezzi venivano sollevati a forza di braccia, con un macchinario, che veniva chiamato "capra", una struttura a forma di treppiedi, poi le diverse parti, fatte combaciare, venivano bloccate con perni a "coda di rondine", che consentivano la stabilità della tenuta. Durante la seconda Guerra Mondiale, quando la Colonna fu smontata in fretta e furia per preservarla dai bombardamenti, i trentesette preziosi perni di bronzo furono tolti e conservati, ma , al momento del rimontaggio, non furono più trovati. Si è scoperto in seguito che furono sottratti da due ragazzini, i quali avevano scoperto il nascondiglio dei preziosi pezzi, seguendo i lavori di smontaggio della Colonna. Nel museo archeologico di Madrid lo studioso Earl E. Rosenthal ha trovato,nel corso delle sue ricerche sugli stemmi dei sovrani spagnoli, una medaglia d'argento, sul cui verso sono rappresentate due colonne legate da un nastro e disposte in posizione simmetrica; una scritta , che corre intorno al bordo, ricorda la FEDELITAS (forma imperfetta che sta per "fidelitas") BRUNDUSINA. Rosenthal afferma che "...questa medaglia fu coniata tra il 1449 e il 1459 per Alfonso I di Napoli (V di Aragona), il nonno di Ferdinando il Cattolico, per commemorare la fedeltà della città di Brindisi..." alla sua Casa. Troviamo ancora le Colonne romane con l'iscrizione FIDELIS AMATRIX su una moneta fatta coniare da Ferdinando II d'Aragona nel 1595. Alcuni scrittori sostengono che Ferdinando il Cattolico, nel 1496, introdusse le Colonne romane nello stemma della città e in tale occasione fu scritto il distico, riportato dal Camassa: STEMMA BRUNDUSII MARMOR GEMINAEQUE COLUMNAE DOMUS ARAGONIAE GLORIA PRIMA SUMUS Noi colonne gemelle di marmo, (che formiamo lo) stemma di Brindisi, siamo la prima gloria della Casa d' Aragona. Secondo il Rosenthal tale affermazione è totalmente inesatta, perchè lo stemma raffigurante le Colonne si trova sull'Albero della Croce, un affresco risalente alla metà del XIV secolo e ancora visibile, benchè molto danneggiato, su una parete dell'antica chiesa di S. Maria del Casale, poco distante dalla città. Esiste, però, una rappresentazione ancora più importante delle Colonne come emblema della città: si tratta di un bassorilievo trovato nel Castello svevo o nei pressi di esso ed ora collocato sulla sua facciata esterna, raffigurante le Colonne, riconoscibili per i loro elementi caratterizzanti, i piedistalli ed i capitelli corinzi. Anche qui compare un'iscrizione laterale, AD HERCULIS / COLUMNAS , che, secondo studi effettuati, comparirebbe per la prima volta nel libro " Adagiorum Chiliades tres", di Erasmo, pubblicato nel 1514, per cui il bassorilievo sarebbe posteriore alla pubblicazione di quell'opera.